LA CORTE DI APPELLO DI ROMA Sezione Lavoro e Previdenza Composta dai magistrati: dott. Annalisa Di Paolantonio, Presidente dott. Giorgio Poscia, Consigliere rel. dott. Fabio Eligio Anzilotti Nitto de' Rossi, Consigliere Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in grado d'appello, trattenuta in decisione alla udienza del giorno 20 marzo 2015, iscritta al n. 4918/2014 R.G., avente per oggetto: reclamo ex art. 1, comma 58, L. 92/12, avverso la sentenza n. 8868/2014 del Tribunale di Roma, in funzione di giudice unico del lavoro, pubblicata il giorno 30 settembre 2014, in materia di licenziamento vertente tra Giulia D'Aloja, Fei Andrea, Fustaino Cristiano, Grossi Alessandra, Tornambe' Francesco, elettivamente domiciliati in Roma, via del Plebiscito n. 107, presso lo studio degli avv.ti Alessandro Cuggiani ed Andrea Necci , i quali li rappresentano e difendono come da mandato in atti, reclamanti e Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, in persona del Ministro 'pro tempore', legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso gli Uffici dell'Avvocatura Generale dello Stato, la quale li rappresenta e difende come per legge, resistente, nonche' A.N.A.S. S.p.A., in persona del legale rapp.te 'pro tempore', elettivamente domiciliata in Roma, via L. G. Faravelli n. 22, presso lo studio dell'avv. Arturo Maresca, il quale la rappresenta e difende come da mandato in atti, resistente. Conclusioni delle parti Come da rispettivi atti e da verbale di udienza del giorno 20 marzo 2015. Premesso che con ordinanza emessa il giorno 16 luglio 2013 il Tribunale di Roma - a seguito di ricorso ex art. 1, commi 47 e ss legge n. 92 del 2012 - accertava la irregolarita' dei contratti di somministrazione stipulati tra ANAS S.p.A. e l'agenzia di somministrazione Quanta S.p.A. per il periodo febbraio 2009-agosto 2009 e dichiarava "la natura subordinata a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro intercorsi con ANAS a decorrere da febbraio 2009" con gli ingegneri Giulia D'Aloja, Andrea Fei, Cristiano Fustaino, Alessandra Grossi, Francesco Tornambe'; inoltre, annullava - ai sensi dell'art. 18, comma 7 Stat. Lav. - i licenziamenti intimati da ANAS S.p.A. ai medesimi ricorrenti in data 27 settembre 2012 (licenziamenti intimati, ante tempus, nell'ambito di un contratto a tempo determinato) e condannava l'ANAS S.p.A. alla reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato, nonche' al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione; il Tribunale, inoltre, dichiarava il diritto dei lavoratori a transitare nei ruoli del Ministero dei Trasporti a decorrere dal giorno 1° ottobre 2012 ai sensi dell'art. 36, comma 5, decreto-legge n. 98 del 2011. Il primo giudice, inoltre, separava (da vagliarsi, quindi, con rito ex art. 414 e ss c.p.c.) le domande relative all'accertamento del diritto al superiore inquadramento nonche' alla condanna al pagamento dell'indennita' ex art. 32 della legge n. 183 del 2010. Con distinti ricorsi, l'ANAS S.p.A. ed il Ministero dei Trasporti proponevano opposizione avverso la predetta ordinanza (ricorsi poi riuniti nel procedimento di opposizione). In particolare, l'ANAS S.p.A. ribadiva le eccezioni di inammissibilita' del rito prescelto (ex art. 1, commi 47 e ss. della legge n. 92 del 2012), di decadenza ex art. 32 della legge n. 183 del 2010, rilevando la regolarita' del contratto di somministrazione stipulato tra ANAS e Quanta, nonche' dei contratti individuali a tempo determinato stipulati con i lavoratori Giulia D'Aloja, Andrea Fei, Cristiano Fustaino, Alessandra Grossi, Francesco Tornambe'. Il Ministero eccepiva nuovamente l'inapplicabilita' del rito di cui all'art. 1 della legge n. 92 del 2012, l'improcedibilita' del ricorso per litispendenza (essendo stati proposti, dai lavoratori, ricorsi ex art. 414 c.p.c. di identico contenuto), il difetto di legittimazione passiva. Gli originari ricorrenti, invece, ribadivano tutte le censure avanzate in sede di ricorso nell'ambito della prima fase del procedimento di cui alla legge n. 92/2012. Il giudice della opposizione, quindi, decideva la controversia con la sentenza in oggetto con la quale - dopo avere respinto l'eccezione di inapplicabilita' del rito dettato dall'art. 1, commi 47 e ss., della legge n. 92 del 2012 - revocava l'ordinanza opposta respingendo l'originaria domanda dei lavoratori, con compensazione delle spese processuali. In particolare, il Tribunale osservava che l'impugnata ordinanza aveva sovrapposto diverse discipline giuridiche previste per distinte fattispecie: il giudice della fase di urgenza, infatti, aveva ritenuto di applicare ai lavoratori sia la tutela approntata dall'art. 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (considerata la genericita' della causale apposta al contratto di somministrazione tra agenzia, Quanta s.p.a., e utilizzatore, ANAS s.p.a.), sia la tutela dettata dall'art. 32 della legge n. 183 del 2010 (con riguardo alla conversione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato e al pagamento dell'indennita' omnicomprensiva), sia la garanzia del ripristino del rapporto di lavoro prevista dai commi 7 e 4 dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970 ed infine anche la garanzia prevista dall'art. 2112 c.c. concernente il trasferimento di ramo di azienda per quanto riguardava la domanda proposta nei confronti del Ministero. Sotto tale profilo, dunque, l'ordinanza veniva ritenuta censurabile in quanto non era ritenuto possibile sommare le diverse tipologie di tutele; al contrario, il giudice della fase sommaria avrebbe dovuto individuare la fattispecie giuridica in concreto applicabile alla controversia con le corrispondenti conseguenze giuridiche. Al riguardo, nella sentenza oggi reclamata, si rilevava che l'applicazione dell'art. 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 e la conseguente costituzione di un rapporto di lavoro nei confronti del soggetto che aveva utilizzato le prestazioni lavorative dei lavoratori (nel caso di specie l'ANAS S.p.A.) non rientrava nel campo di applicazione dell'art. 1, commi 47 e ss. della legge n. 92 del 2012. Con riguardo al campo di applicazione di tale rito speciale, il Tribunale osservava poi che le disposizioni innanzi citate si applicano alle controversie che hanno ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'art. 18 della legge n. 300 del 1970. Quindi, il c.d. processo breve (o rito Fornero) doveva ritenersi applicabile tutte le volte in cui il ricorso avesse ad oggetto una domanda di applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, sia che la tutela invocata prescindesse (art. 18, commi 1-3, licenziamenti vietati o inefficaci per difetto di forma) sia che venisse condizionata (art. 18, commi 4-8, licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo) dalle dimensioni dell'organico aziendale. Nel caso di specie, secondo il giudice dell'opposizione, il recesso (ante tempus) del datore di lavoro ANAS S.p.A. era intervenuto nel corso di un diverso rapporto di lavoro, ossia nell'ambito del contratto a tempo determinato stipulato tra i singoli lavoratori e l'ANAS stessa e non gia' nell'ambito del contratto di somministrazione (stipulato tra ANAS e Quanta). La domanda di accertamento della illegittimita' del contratto di somministrazione non rientrava, quindi, nel campo di applicazione dell'art. 1 della legge n. 92 del 2012 in quanto l'oggetto della domanda era la costituzione 'ex tunc' di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra lavoratore ed utilizzatore, ai sensi dell'art. 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (disposizione che, per l'appunto, detta la sanzione conseguente alle somministrazioni irregolari); se, pertanto, come nel caso di specie, veniva invocata l'applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 mediante il rito speciale di cui all'art. 1, commi 47 e ss. della legge n. 92 del 2012, la domanda doveva - secondo l'orientamento innanzi espresso - essere valutata con il rito speciale (posto che era stata avanzata, fra l'altro, una richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 legge n. 300), ma la stessa domanda doveva respingersi nel merito, perche' la sanzione che il legislatore prevede in tutte le ipotesi di irregolarita' dei contratti di somministrazione, e' la costituzione ex tunc di un rapporto di lavoro con l'utilizzatore ai sensi dell'art. 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 e non gia' l'applicazione dell'art. 18 della legge n. 300. Ne' la situazione poteva cambiare, secondo il Tribunale, a fronte della previsione del comma 47, ove si precisa che il nuovo rito deve essere esperito anche nei casi in cui, per decidere sulla domanda relativa all'impugnativa del licenziamento, «devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro». La norma, secondo il giudice del provvedimento reclamato, andava intesa come riguardante i casi in cui, a fronte di una qualificazione formale del rapporto come lavoro autonomo, il prestatore ne deduca la natura subordinata e su tale presupposto qualifichi il recesso della controparte come licenziamento soggetto all'applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. Quindi, il c.d. 'processo breve' doveva ritenersi applicabile, ad esempio, in tutti i casi di contratti di collaborazioni coordinate e continuative, di contratti a progetto, di associazioni in partecipazione, di collaborazione in regime di partita IVA dei quali si volesse far riconoscere la natura di lavoro subordinato. Al contrario, il caso del lavoratore somministrato che denunci l'irregolarita' della somministrazione e chieda, ex art. 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la costituzione di un rapporto di lavoro con l'impresa utilizzatrice e' completamente diverso dai casi innanzi citati. Questa fattispecie, infatti, secondo il giudice della opposizione non presentava un problema di qualificazione del rapporto di lavoro (pacificamente di natura subordinata). Inoltre, sempre secondo il Tribunale, il processo breve richiede identita' del rapporto di lavoro dedotto in giudizio con quello per cui si chiede la tutela reintegratoria ai sensi dell'art. 18 statuto dei lavoratori, con conseguente esclusione di tutte le domande, anche preliminari e incidentali, relative all'accertamento della costituzione di diversi e ulteriori rapporti con soggetti terzi rispetto al formale datore di lavoro. Doveva, quindi, esaminarsi la domanda che i lavoratori avevano proposto con riguardo al contratto a tempo determinato stipulato con l'ANAS S.p.A. Con riguardo a questi contratti, il giudice dell'opposizione rilevava che la illegittimita' dell'apposizione del termine ad un contratto a tempo determinato comportava l'applicazione dell'art. 32 della legge n. 183 del 2010 che prevede la conversione del contratto a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nonche' il pagamento di una indennita' omnicomprensiva compresa tra un minimo ed un massimo (rispettivamente 2,5 e 12) di mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il legislatore aveva, pertanto, dettato una disciplina specifica per le ipotesi di apposizione illegittima di un termine al contratto di lavoro, disciplina diversa da quella dettata dall'art. 18 della legge n. 300 del 1970. Ne' poteva mutare la prospettiva in caso di intimazione, nel corso del contratto a tempo determinato, di un licenziamento ante tempus. Invero, tale evenienza proseguiva il Tribunale era regolata dall'art. 2119 c.c. e la giurisprudenza ritiene, in caso di accertamento della illegittimita' del licenziamento intimato prima della fisiologica scadenza del contratto, che spetti al lavoratore il pagamento di tutte le retribuzioni che sarebbero maturate sino alla scadenza del termine apposto al contratto (giammai l'art. 18 della legge n. 300 del 1970). Invero, secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione "Il contratto a termine ha una propria tipica regolamentazione ed una specifica tutela contro la risoluzione arbitraria ante tempus, suscettibile in qualche misura di presentarsi come piu' favorevole rispetto a quella prevista nel caso di rapporto a tempo indeterminato, vedendosi comunque il lavoratore assicurato il trattamento economico sino alla cessazione fisiologica del rapporto alla scadenza del termine." (sentenza n. 575/2003; nello stesso senso, Cass. nn. 16849/2003, 2822/1997). Come innanzi esposto, dunque, il giudice della opposizione riteneva che la domanda di applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970 andasse respinta, posto che - ove anche si fosse ritenuta illegittimamente apposta la clausola del termine nell'ambito del contratto di lavoro non sorretto da giusta causa - in ipotesi di recesso intervenuto ante tempus spettano al lavoratore soltanto le tutele dettate dall'art. 32 della legge n. 183 del 2010 e dall'art. 2119 c.c. e non gia' quelle di cui al sopra richiamato art.18. Infine, con riguardo al passaggio dei lavoratori alle dipendenze del Ministero opponente, l'accertamento di tale diritto presupponeva, secondo il giudice del provvedimento reclamato, l'applicazione dell'art. 2112 c.c. e giammai la tutela dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori. Infine, il Tribunale rammentava che pendeva - tra le stesse parti - controversia avanti allo stesso Tribunale di Roma con medesimo oggetto (e domande) avanzate con il rito ex art. 1 legge n. 92 del 2012. Alla luce delle considerazioni esposte, quindi, la ordinanza del Tribunale di Roma veniva revocata e veniva respinta la domanda dei lavoratori tesa all'applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. Avverso la predetta decisione, mediante ricorso depositato il giorno 29 ottobre 2014, proponevano reclamo gli originari ricorrenti lamentandone l'erroneita' ed ingiustizia e chiedendone la riforma a questa Corte, mediante l'integrale accoglimento delle proprie domande. In particolare, la censuravano per avere escluso l'applicabilita' al caso di specie della normativa di cui all'art. 1 L. 92/2012 insistendo in tutte le proprie richieste anche di carattere istruttorio. Entrambi i resistenti si costituivano in giudizio resistendo al reclamo del quale deducevano l'infondatezza in fatto ed in diritto; inoltre, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti chiedeva la sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art.295 del codice di rito in attesa della decisione in ordine alla questione di legittimita' costituzionale sollevata (nell'ambito di un procedimento di contenuto analogo) con riferimento all'art. 36 del d.l. 98/2011, all'art. 11 del d.l. 216/2011 e dell'art.11 del d.l. 95/2012 dal T.A.R. Lazio con ordinanza del 18 marzo 2014. Le parti discutevano la causa alla udienza del 20 marzo 2015. Tutto cio' premesso, questa Corte osserva che deve essere sollevata, di ufficio, la questione di legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 36 del d.l. 98/2011, all'art. 11 del d.l. 216/2011 e dell'art. 11 del d.l. 95/2012 dovendosi ritenere la stessa rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata per tutte le ragioni appresso indicate. Sulla rilevanza Anzitutto, va evidenziato che la questione di legittimita' costituzionale sopra indicata risulta rilevante per la decisione della controversia in esame poiche' i contratti di somministrazione ed a termine oggetto del presente giudizio - come appresso illustrato - devono ritenersi illegittimi, con la instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra i reclamanti e l'ANAS S.p.A., di talche' dovrebbe poi dichiararsi il loro diritto a transitare alle dipendenze del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti proprio in forza delle disposizioni sopra indicate della cui legittimita' costituzionale si dubita. In particolare, il contratto di somministrazione per il quale si controverte era stato stipulato dall'ANAS S.p.A. con la Quanta S.p.A. per "ragioni di carattere organizzativo relative ad esigenze di lavoro aggiuntivo"; tale causale risulta generica e pertanto illegittima. Come e' noto, ai sensi dell'art. 20 comma 4 del D.lgs. 276/2003 la somministrazione di lavoro a tempo determinato e' ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attivita' dell'utilizzatore. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato e' affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da sindacati comparativamente piu' rappresentativi in conformita' alla disciplina di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. L'art. 21 D.lgs. 276/2003 dispone che il contratto di somministrazione di manodopera e' stipulato in forma scritta; individua gli elementi che devono essere oggetto di specifica indicazione. Il difetto della forma scritta, cosi' come difetto dell'indicazione, nel documento, dei primi cinque elementi di cui al primo comma dell'art. 21 - cioe' dei dati identificativi dell'autorizzazione del somministratore, del numero dei lavoratori da somministrare, del caso (ex art. 20, c. 3°) o della ragione (ex art. 20, c. 4°) del ricorso alla somministrazione, di eventuali rischi per la sicurezza del lavoratore o delle misure per contrastarli, della data di inizio o della durata del contratto - e' sanzionato a norma del quarto comma (nel testo 'ratione temporis' vigente al tempo della stipulazione dei contratti dedotti in giudizio) con la nullita' del contratto medesimo e con la conseguente costituzione 'ope legis' di un rapporto di lavoro subordinato in capo all'utilizzatore (i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore). La menzione nell'art. 21, 1° c., lett. c), dei "casi e le ragioni ... di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 20 che devono essere obbligatoriamente contenute nel contratto di somministrazione comporta la necessita' che sia specificata la ragione giustificativa, nonostante la mancata menzione nel terzo comma dell'art.20. Deve, in conclusione ritenersi che cio' che il committente deve giustificare non e' soltanto il carattere temporaneo dell'utilizzazione del lavoratore ma anche la scelta di ricorrere alla somministrazione. Questa scelta, pur rimanendo, in conformita' ai principi di cui all'art. 41 comma 1 Costituzione una scelta imprenditoriale libera, e' soggetta, nondimeno al controllo giudiziale (terzo comma dell'art. 27) il quale, pero', non e' esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore, ma e' finalizzato alla verifica della effettiva esistenza delle ragioni di' carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attivita' dell'utilizzatore. L'ambito della cognizione riservata al giudice, nel senso della preclusione rispetto a valutazioni di opportunita' o correttezza delle scelte dell'imprenditore circa il ricorso alla somministrazione, ma con inclusione dell'accertamento della sussistenza, in fatto, delle ragioni che hanno determinato la scelta stessa, e' conforme alla previsione dell'articolo 30, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, anche nel testo modificato in seguito all'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 43, della legge 28 giugno 2012, n. 92, secondo il quale: "il controllo giudiziale e' limitato esclusivamente, in conformita' ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento del presupposto di legittimita' e non puo' essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente. L'inosservanza delle disposizioni di cui al precedente periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce motivo di' impugnazione per violazione di norme di diritto.". A giudizio del Collegio, conseguentemente, proprio in funzione dell'accertamento devoluto al giudice, in merito alla sussistenza delle ragioni addotte a sostegno della scelta imprenditoriale di fare ricorso alla somministrazione, e' necessario che nel testo contrattuale siano inseriti dati sufficienti a consentire, in caso di controversia tra le parti, nel corso del giudizio di controllare la reale sussistenza delle ragioni menzionate, ovvero a permettere di individuare le reali esigenze dell'azienda alle quali si e' inteso sopperire con la stipulazione della somministrazione. Con la conseguenza che e' necessario, per assolvere all'onere di specificazione, che dalle ipotesi generali indicate dal legislatore, in via astratta, nell'art. 20 comma 4 (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), le parti contraenti passino alla determinazione delle esigenze che, nel caso concreto, legittimano e motivano il ricorso ad una assunzione con il contratto di somministrazione a termine, cosi' da rendere controllabile da parte del giudice la reale sussistenza delle stesse (ad esempio difficolta' di reperire direttamente il lavoratore da assumere a termine in tempi sufficientemente brevi, esorbitanza dei relativi costi di transazione). Si tratta di una specificazione necessaria, ai sensi di legge, nell'ambito del testo negoziale, e, dunque, di un elemento essenziale e di un requisito necessario della fattispecie delineata dal legislatore per la valida stipulazione del contratto. Sicche' non e' sufficiente l'elencazione di generiche esemplificazioni delle ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che possono valere per ogni tipo di azienda ma e' indispensabile, per assolvere all'onere di specificazione, l'indicazione dei processi di organizzazione in atto, delle esigenze della produzione della singola azienda, delle condizioni che rendono necessario il ricorso ad assunzioni in sostituzione di personale assente; occorre, insomma, la indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto che alla sua portata spazio-temporale e piu' in generale circostanziale, si da rendere possibile la conoscenza dell'effettiva portata delle stesse e quindi il controllo della loro effettivita'. Nel caso di specie la causale del ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato e' stata indicata nelle "ragioni di carattere organizzativo relative ad esigenze di lavoro aggiuntivo". Sia nel contratto di somministrazione che nei singoli contratti di lavoro le ragioni del ricorso alla somministrazione non sono state esplicitate in termini concreti e sufficientemente esaustivi perche' non risulta individuata alcuna reale esigenza su cui potesse esercitarsi il controllo del lavoratore al momento della stipulazione del suo contratto di lavoro e possa oggi espletarsi il controllo giudiziale; le esigenze organizzative del ricorso alla somministrazione a tempo determinato cosi' come genericamente indicate lasciano ampio spazio all'utilizzatore di addurre ex post qualsivoglia ragione. La causale indicata nel contratto di somministrazione tra societa' fornitrice e societa' utilizzatrice e' generica; essa non individua specifiche esigenze organizzative in base alle quali per la gestione dei call center si rendeva necessario il ricorso al lavoro somministrato; non specifica non periodo temporale, ne' indica in che cosa consistessero le predette ragioni di carattere organizzativo relative ad esigenze di lavoro aggiuntivo. In conclusione, cosi' come risulta esplicitata, la ragione del ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo non ritaglia una precisa vicenda organizzativo-produttiva destinata svolgersi in un tempo limitato piu' o meno lungo, ma transitorio. Le carenze individuate determinano un profilo di illegittimita', che vizia il contratto di somministrazione ed i singoli contratti di lavoro somministrato dal punto di vista formale e sostanziale perche' le ragioni previste dalla legge per ricorrere alla somministrazione sono qui carenti sotto il profilo formale, in quanto solo genericamente indicate nel testo scritto. Da cio' consegue, ai sensi dell'art. 27 del D.lgs. 276/2003, la natura subordinata a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro intercorsi con ANAS S.p.A. a decorrere dal febbraio del 2009. Analogamente, risultano illegittimi anche i contratti a termine conclusi tra i reclamanti e l'ANAS S.p.A. sempre per svolgere attivita' presso lo stesso Ispettorato, per la assoluta genericita' della causale ad essa apposta ("in considerazione del processo organizzativo che coinvolge l'IVCA dell'Anas S.p.A. al fine di garantire la necessaria sperimentazione del modello organizzativo appositamente progettato per lo stesso ...") ed in quanto l'oggetto di tali contratti e' relativo alla ordinaria attivita' della predetta societa'. Deve poi ritenersi che il recesso effettuato 'ante tempus' da parte dell'ANAS S.p.A. - stante la illegittimita' dei contratti di somministrazione ed a termine e la conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato - sia da considerare a tutti gli effetti come un licenziamento illegittimo in quanto privo di giustificazione. Come sopra illustrato la rilevanza della questione nel presente giudizio e' rappresentata dal fatto che, in caso di soluzione positiva dinanzi alla Corte Costituzionale (con conseguente caducazione della normativa sopra indicata), si determinerebbe il difetto di legittimazione passiva del Ministero rispetto alle domande azionate nel presente giudizio, con conseguente estromissione dell'amministrazione statale. Inoltre, la domanda dei reclamanti e' di ripristino di un rapporto di lavoro che, proprio in ragione della norma denunciata, deve essere attuato (in ipotesi di accoglimento delle loro domande) nei confronti del Ministero, quale successore ex lege di ANAS S.p.A., originario datore di lavoro dei ricorrenti. E' evidente che la pronuncia della Corte Costituzionale su tale normativa (che ha stabilito la detta successione) si inserisce necessariamente nella definizione del giudizio. Ne consegue che questa Corte, una volta evidenziata per tutte le ragioni sopra esaminate la rilevanza della questione nel presente giudizio, deve pervenire ad una delibazione sulla manifesta fondatezza o meno della questione medesima. Sulla non manifesta infondatezza Con riferimento a tale profilo il Collegio condivide quanto gia' affermato dal TAR del Lazio con l'ordinanza in data 18 marzo 2014, iscritta al n. 138 del registro della Corte Costituzionale; in particolare, va ricordato che ai sensi dell'art. 7, comma 3, D.L. n. 138/2002, l'ANAS S.p.A. e' il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale. E' una societa' per azioni il cui socio unico e' il Ministero dell'economia e delle finanze ed e' sottoposta al controllo ed alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Fino al 30 settembre 2012, l'ANAS S.p.A. ha svolto, altresi', le funzioni di concedente della rete autostradale a pedaggio e di vigilanza sulle societa' concessionarie. Quest'ultima attivita', in particolare, veniva svolta dall'ANAS S.p.A. attraverso uno dei suoi uffici, ovvero l'Ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali (IVCA); presso tale Ufficio hanno prestato il proprio servizio gli odierni reclamanti . L'IVCA era l'Ufficio di ANAS S.p.A. istituzionalmente deputato a verificare l'esatto adempimento, da parte delle Societa' concessionarie, degli obblighi previsti dalle convenzioni di concessione e dagli annessi allegati, compresi i piani economico-finanziari; in particolare, era deputato a verificare la puntuale attuazione dei programmi d'investimento e di quelli relativi agli interventi manutenzione e completamento della rete autostradale ed a verificare i livelli di qualita' delle autostrade e dei servizi in esse offerti. Inoltre, l'IVCA provvedeva alla verifica annuale delle tariffe e alla definizione degli standards di progettazione, manutenzione e costruzione per il mantenimento di adeguati livelli di sicurezza sulle autostrade, nel rispetto delle condizioni contrattuali e della normativa vigente e secondo le linee di indirizzo stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'Ufficio, pertanto, oltre a svolgere rilevanti compiti istituzionalmente affidati ad ANAS S.p.A. (attivita' di aggiornamento/rinnovo dei rapporti convenzionali e/o dei piani economico finanziari in essere), cooperava con altre Strutture che espletavano le funzioni proprie del soggetto Concedente. I predetti Uffici svolgevano, quindi, mansioni comuni all'Ufficio IVCA ed i relativi dipendenti possedevano (e posseggono) le stesse competenze professionali degli odierni reclamanti. Con il D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, sono state tra l'altro dettate disposizioni in materia di riordino dell'ANAS; per quel che qui interessa, l'art. 36 D.L. n. 98/2011 prevede che «a decorrere dal 1° gennaio 2012 e' istituita, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con sede in Roma, l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali. [...] Entro la data del 30 settembre 2012, l'Agenzia subentra ad Anas S.p.a. nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere alla stessa data». Il comma 5 del predetto art. 36 D.L. n. 98/2011 prevede che «relativamente alle attivita' e ai compiti di cui al comma 2, l'Agenzia esercita ogni competenza gia' attribuita in materia all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali e ad altri uffici di Anas S.p.A. ovvero ad uffici di amministrazioni dello Stato, i quali sono conseguentemente soppressi a decorrere dal 1° gennaio 2012. Il personale degli uffici soppressi con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in servizio alla data del 31 maggio 2012, e' trasferito all'Agenzia, per formarne il relativo ruolo organico. [...] Al personale trasferito (pertanto dall'Anas all'Agenzia) si applica la disciplina dei contratti collettivi nazionali relativi al comparto Ministeri e dell'Area I della dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento, nonche' l'inquadramento previdenziale. Nel caso in cui il predetto trattamento economico risulti piu' elevato rispetto a quello previsto e' attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione si procede alla individuazione delle unita' di personale da trasferire all'Agenzia e alla riduzione delle dotazioni organiche e delle strutture delle amministrazioni interessate al trasferimento delle funzioni in misura corrispondente al personale effettivamente trasferito. Con lo stesso decreto e' stabilita un'apposita tabella di corrispondenza tra le qualifiche e le posizioni economiche del personale assegnato all'Agenzia». L'art. 36, comma 5, insomma, ha concretamente e specificamente individuato i dipendenti che avrebbero dovuto essere trasferiti alla costituenda Agenzia, identificandoli in tutti i titolari di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in servizio alla data del 31 maggio 2012 presso l'Ufficio in questione ed altri uffici Anas titolari di compiti e competenze analoghi e/o altre PP.AA. la cui attivita' era destinata a confluire nell'Agenzia. L'istituzione dell'Agenzia ha incontrato diversi ostacoli nel corso del suo iter approvativo, cosi' che i termini previsti per l'adozione del suo Statuto sono stati piu' volte prorogati, dapprima fino al 31 marzo 2012 (art. 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012), poi fino al 31 luglio 2012 (L. n. 14/2012) e da ultimo fino al 30 settembre 2012 (art. 12 D.L. n. 95/2012, convertito in L. n. 135/2012). Va poi notato che, ai sensi dell'art. 11 D.L. n. 216/2011, come modificato dall'art. 12 D.L. n. 95/2012, «fino alla data di adozione dello statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, e comunque non oltre il 30 settembre 2012, le funzioni e i compiti ad essa trasferiti ai sensi dell'art. 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, continuano ad essere svolti dai competenti uffici delle Amministrazioni dello Stato e dall'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali e dagli altri uffici di Anas S.p.a. In caso di mancata adozione, entro il predetto termine, dello statuto e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'art. 36, comma 5, settimo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, l'Agenzia e' soppressa e le attivita' e i compiti gia' attribuiti alla medesima sono trasferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a decorrere dal 1° ottobre 2012, che rimane titolare delle risorse previste dall'art. 36, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e cui sono contestualmente trasferite le risorse finanziarie umane e strumentali relative all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali di cui al medesimo comma 5». Non essendo stato ancora adottato lo Statuto dell'Agenzia nonostante i ripetuti rinvii, ed approssimandosi il termine previsto dalla legge per il trasferimento delle funzioni e dei dipendenti Anas in servizio presso l'Ufficio IVCA al Ministero, l'Anas ha inviato a questi ultimi la nota 27 settembre 2012 con la quale comunicava che «con decorrenza 1° ottobre 2012, ai sensi dell'art. 11 comma 5 del D.L. n. 216/2011, la titolarita' del contratto di lavoro e' trasferita ex lege e senza soluzioni di continuita' da Anas al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministero provvedera' a comunicare le necessarie istruzioni operative e a fornire le informazioni relative al rapporto di lavoro». Successivamente, con il decreto ministeriale 1° ottobre 2012, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito al suo interno la Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali (d'ora innanzi anche solo Struttura), alla quale sono state affidate le funzioni che avrebbero dovuto essere svolte dall'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali (ovvero sostanzialmente quelle di concedente della rete autostradale e di vigilanza sulle concessionarie). Presso tale Struttura e' stato trasferito unicamente personale Anas a tempo indeterminato in servizio presso l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012. Ai sensi dell'art. 4, commi 2 e 3, del predetto D.M., «fino al definitivo inquadramento con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il personale in servizio presso l'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali alla data del 31 maggio 2012 con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato prosegue la propria attivita' presso le attuali sedi di servizio continuando a svolgere i compiti attribuiti. Al personale trasferito si applica la disciplina dei contratti collettivi nazionali relativi al comparto Ministeri e all'Area I della dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento, nonche' l'inquadramento previdenziale. Nel caso in cui il trattamento economico risulti piu' elevato rispetto a quello previsto, e' attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti». Come rilevato, ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 98/2011 s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011 e 12 D.L. n. 95/2012, il personale Anas in servizio presso IVCA alla data del 31 maggio 2012 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e' transitato alle dipendenze della neo istituita Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Simili disposizioni, che hanno comportato il trasferimento tout court nel ruolo ministeriale di parte del personale dipendente da Anas S.p.A., senza il previo superamento di un pubblico concorso violano all'evidenza i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialita' della P.A., nonche' il principio dell'accesso ai pubblici impieghi mediante pubblico concorso. Costituisce pacifico insegnamento della Corte costituzionale quello secondo cui l'accesso ai pubblici impieghi tramite concorso pubblico costituisce una regola generale «posto a tutela non solo dei potenziali aspiranti, ma anche dell'interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori, nonche' all'imparzialita' e al buon andamento della pubblica amministrazione» (cfr., ex plurimis, Corte cost., 21 marzo 2012, n. 62; id. 23 febbraio 2012, n. 30; id. 23 novembre 2011, n. 310; id. 10 maggio 2005, n. 190). E' evidente, pertanto, la violazione dell'art. 97 Cost., oltre che degli artt. 3 e 51 Cost. Questa Corte ritiene rilevante (come gia' evidenziato sopra) e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 36 D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012, e 12 D.L. n. 95/2012, convertito in L. n. 135/2012, per violazione degli artt. 3, 97 e 51 Cost. nella parte in cui hanno disposto sic et simpliciter il trasferimento del personale Anas in servizio presso l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012 dapprima all'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali e poi alla struttura, in evidente violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione in considerazione che i dipendenti Anas destinatari del trasferimento sono stati inquadrati senza pubblico concorso addirittura in un Ministero. Considerato che la Corte costituzionale si e' recentemente espressa in fattispecie analoga (Corte cost., 23 luglio 2013, n. 227) affermando che «E' costituzionalmente illegittimo l'art. 54 della L.R. 9 agosto 2012, n. 16, Friuli-Venezia Giulia (Interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione), in quanto lo strumento prescelto dal legislatore regionale, ossia il trasferimento automatico del personale della disciolta societa' Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia (previa una prova selettiva solo eventuale) alle dipendenze dell'amministrazione regionale, limita del tutto sproporzionato. E cio' in quanto l'area delle eccezioni alla regola del concorso, a tutto voler concedere, dev'essere rigorosamente delimitata e non puo' risolversi in una indiscriminata e non previamente verificata immissione in ruolo di personale esterno attinto da bacini predeterminati. Sicche', le scarne ed incerte garanzie approntate dalla norma impugnata (ricognizione dei requisiti per accedere ai ruoli dell'amministrazione regionale ed ipotetica prova selettiva) si palesano inidonee ad assicurare una seria verifica delle capacita' professionali dei lavoratori reclutati dalla Regione all'esterno, seppure provenienti da una societa' privata strumentale facente parte del suo apparato cosiddetto "parallelo". Pertanto, in mancanza di un concorso pubblico, l'accesso del personale proveniente dalla Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia S.p.a. all'impiego di ruolo presso l'amministrazione regionale, sena alcuna certezza di un serio filtro selettivo, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., donde l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54 della L.R. n. 16 del 2012, Friuli-Venezia Giulia». Analogamente con la sentenza n. 62 /2012 la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, che aveva previsto un generale ed automatico transito del personale di una persona giuridica di diritto privato, la s.p.a. Acquedotto pugliese, nell'organico di un soggetto pubblico regionale, l'Azienda pubblica regionale denominata AQP, senza il previo espletamento di alcuna procedura selettiva. La Corte ha rilevato che "le modalita' di tale transito costituiscono, pertanto, una palese deroga al principio del concorso pubblico, al quale debbono conformarsi - come piu' volte affermato da questa Corte - le procedure di assunzione del personale delle pubbliche amministrazioni (ex plurimis, sentenza n. 190 del 2005). Il mancato ricorso a tale forma generale e ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione non trova, nella specie, alcuna peculiare e straordinaria ragione giustificatrice (che non risulta dal testo della legge regionale, non e' indicata dalla Regione resistente e, allo stato degli atti, neppure appare ricavabile aliunde), tanto da risolversi in un privilegio indebito per i soggetti che possono beneficiare della norma impugnata (sulla necessita' che le eccezioni alla regola di cui all'art. 97 Cost. rispondano a peculiari e straordinarie esigenze di servizio, ex plurimis, sentenze n. 363, n. 205 e n. 81 del 2006). Risulta, dunque, violato l'art. 97 Cost.". Ne' convince la tesi dei reclamanti, secondo cui altre disposizioni di legge - anche successive a quella in esame - hanno disposto trasferimenti di personale senza concorso pur di salvaguardare il posto di lavoro e, quindi, in attuazione di superiori esigenze di interesse pubblico. Orbene, in primo luogo, il fatto che il legislatore abbia operato immissioni in organico senza pubblico concorso anche in casi diversi da quello in esame non esime il Collegio dal verificare se sussistano le ragioni comunque eccezionali richieste dall'art. 97 Cost.; con riferimento a tale profilo e' utile richiamare istituti come lo scorrimento di graduatorie o la riammissione in servizio (art. 132 T.U. 3/57) per comprendere come, pur essendo strumenti diversi dal superamento di un concorso che precede l'assunzione, in ogni caso presuppongono verifiche che la P.A. ha gia' eseguito in virtu' di un precedente concorso. Ancora, in tema di c.d. "stabilizzazioni" del personale precario della Pubblica Amministrazione (v. art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), il Giudice delle Leggi ha avuto occasione (v. Corte Cost. n. 303/10) di evidenziare come trattasi di strumenti eccezionali che, pero', presuppongono (ai fini della stabilizzazione, appunto) un «requisito minimo ai fini dell'accertamento della professionalita'» come il superamento di una qualsiasi prova selettiva, o il possesso di requisiti minimi attitudinali come, ad esempio, il servizio gia' prestato presso la P.A. si' da rendere il dipendente munito di comprovata e aggiornata professionalita' (v. anche ordinanza n. 70 del 2009). Ben diverso, allora, il caso in esame, nel quale i dipendenti di ANAS S.p.A. appartenenti a quel peculiare ufficio - trasferito ex lege al Ministero resistente - sono stati a loro volta trasferiti presso quest'ultimo senza alcuna verifica neppure minimale circa i requisiti attitudinali e, quindi, senza alcuna selezione. La Corte ha chiarito in precedenti decisioni "quale sia la natura delle «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» che consentono al legislatore di derogare al principio costituzionale del concorso pubblico. Esse devono essere ricollegabili alle peculiarita' delle «funzioni» che il personale da reclutare e' chiamato a svolgere (sentenza n. 293 del 2009); devono riferirsi a specifiche necessita' «funzionali» dell'amministrazione (sentenze n. 215 del 2009 e n. 363 del 2006); devono essere desumibili dalle «funzioni» svolte dal personale reclutato (sentenza n. 81 del 2006). Alla luce di tali affermazioni, e' da escludere che ragioni giustificative della deroga al concorso pubblico possano essere ricollegate ad un particolare interesse degli stessi dipendenti beneficiari della deroga o, comunque, ad esigenze strumentali dell'amministrazione, connesse alla gestione del personale. Occorre, invece, che eventuali deroghe trovino un fondamento giustificativo nella peculiare natura delle funzioni dell'amministrazione, cioe' dei compiti ad essa attribuiti per soddisfare gli interessi della collettivita' e per la cui realizzazione i dipendenti pubblici sono reclutati." (Corte Cost. n. 195/2010). Ne consegue che, in considerazione di tutte le argomentazioni finora esposte, il presente procedimento deve essere sospeso con contestuale rimessione della presente questione di costituzionalita' alla Corte Costituzionale.