LA CORTE DI APPELLO DI ROMA 
                     Sezione Lavoro e Previdenza 
 
    Composta dai magistrati: 
        dott. Annalisa Di Paolantonio, Presidente 
        dott. Giorgio Poscia, Consigliere rel. 
        dott. Fabio Eligio Anzilotti Nitto de' Rossi, Consigliere 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in  grado
d'appello, trattenuta in decisione alla udienza del giorno  20  marzo
2015, iscritta al n. 4918/2014 R.G., avente per oggetto:  reclamo  ex
art. 1, comma 58, L. 92/12, avverso  la  sentenza  n.  8868/2014  del
Tribunale  di  Roma,  in  funzione  di  giudice  unico  del   lavoro,
pubblicata il giorno 30 settembre 2014, in materia  di  licenziamento
vertente tra Giulia D'Aloja, Fei Andrea, Fustaino  Cristiano,  Grossi
Alessandra, Tornambe' Francesco, elettivamente domiciliati  in  Roma,
via del Plebiscito n. 107, presso lo studio degli  avv.ti  Alessandro
Cuggiani ed Andrea Necci , i quali li rappresentano e difendono  come
da mandato in atti, reclamanti e  Ministero  delle  Infrastrutture  e
Trasporti,  in  persona  del  Ministro  'pro   tempore',   legalmente
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  presso  gli  Uffici
dell'Avvocatura Generale dello  Stato,  la  quale  li  rappresenta  e
difende come per  legge,  resistente,  nonche'  A.N.A.S.  S.p.A.,  in
persona del legale rapp.te 'pro tempore',  elettivamente  domiciliata
in Roma, via L. G. Faravelli n. 22, presso lo studio dell'avv. Arturo
Maresca, il quale la rappresenta e difende come da mandato  in  atti,
resistente. 
Conclusioni delle parti 
    Come da rispettivi atti e da verbale di  udienza  del  giorno  20
marzo 2015. 
    Premesso che con ordinanza emessa il giorno  16  luglio  2013  il
Tribunale di Roma - a seguito di ricorso ex art. 1,  commi  47  e  ss
legge n. 92 del 2012 - accertava la irregolarita'  dei  contratti  di
somministrazione  stipulati  tra   ANAS   S.p.A.   e   l'agenzia   di
somministrazione Quanta S.p.A. per il  periodo  febbraio  2009-agosto
2009 e dichiarava "la natura subordinata a  tempo  indeterminato  dei
rapporti di lavoro intercorsi con ANAS a decorrere da febbraio  2009"
con gli ingegneri Giulia D'Aloja,  Andrea  Fei,  Cristiano  Fustaino,
Alessandra Grossi, Francesco Tornambe'; inoltre, annullava - ai sensi
dell'art. 18, comma 7 Stat. Lav. - i licenziamenti intimati  da  ANAS
S.p.A.  ai  medesimi   ricorrenti   in   data   27   settembre   2012
(licenziamenti intimati, ante tempus, nell'ambito di un  contratto  a
tempo determinato) e condannava l'ANAS S.p.A. alla reintegrazione nel
posto di lavoro in  precedenza  occupato,  nonche'  al  pagamento  di
un'indennita'  risarcitoria   commisurata   all'ultima   retribuzione
globale  di  fatto  dal  giorno  del  licenziamento  sino  a   quello
dell'effettiva reintegrazione; il Tribunale, inoltre,  dichiarava  il
diritto dei lavoratori a  transitare  nei  ruoli  del  Ministero  dei
Trasporti a decorrere dal giorno 1° ottobre 2012 ai  sensi  dell'art.
36, comma 5, decreto-legge n. 98 del 2011. Il primo giudice, inoltre,
separava (da vagliarsi, quindi, con rito ex art. 414 e ss c.p.c.)  le
domande  relative   all'accertamento   del   diritto   al   superiore
inquadramento nonche' alla condanna al pagamento  dell'indennita'  ex
art. 32 della legge n. 183 del 2010. 
    Con distinti ricorsi, l'ANAS S.p.A. ed il Ministero dei Trasporti
proponevano opposizione avverso la predetta  ordinanza  (ricorsi  poi
riuniti nel procedimento di opposizione). 
    In  particolare,  l'ANAS  S.p.A.   ribadiva   le   eccezioni   di
inammissibilita' del rito prescelto (ex art. 1, commi 47 e ss.  della
legge n. 92 del 2012), di decadenza ex art. 32 della legge n. 183 del
2010, rilevando la  regolarita'  del  contratto  di  somministrazione
stipulato tra ANAS e Quanta,  nonche'  dei  contratti  individuali  a
tempo determinato stipulati con i lavoratori Giulia  D'Aloja,  Andrea
Fei, Cristiano Fustaino, Alessandra Grossi, Francesco  Tornambe'.  Il
Ministero eccepiva nuovamente  l'inapplicabilita'  del  rito  di  cui
all'art. 1 della legge n. 92 del 2012, l'improcedibilita' del ricorso
per litispendenza (essendo stati proposti, dai lavoratori, ricorsi ex
art. 414 c.p.c. di identico contenuto), il difetto di  legittimazione
passiva.  Gli  originari  ricorrenti,  invece,  ribadivano  tutte  le
censure avanzate in sede di ricorso nell'ambito della prima fase  del
procedimento di cui alla legge n. 92/2012. 
    Il giudice della opposizione, quindi,  decideva  la  controversia
con la sentenza in  oggetto  con  la  quale  -  dopo  avere  respinto
l'eccezione di inapplicabilita' del rito dettato dall'art.  1,  commi
47 e ss., della legge n. 92 del 2012 - revocava  l'ordinanza  opposta
respingendo l'originaria domanda dei  lavoratori,  con  compensazione
delle spese processuali. 
    In particolare, il Tribunale osservava che l'impugnata  ordinanza
aveva sovrapposto diverse discipline giuridiche previste per distinte
fattispecie:  il  giudice  della  fase  di  urgenza,  infatti,  aveva
ritenuto  di  applicare  ai  lavoratori  sia  la  tutela   approntata
dall'art. 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (considerata  la
genericita' della causale apposta al  contratto  di  somministrazione
tra agenzia, Quanta s.p.a., e  utilizzatore,  ANAS  s.p.a.),  sia  la
tutela dettata dall'art. 32 della legge n. 183 del 2010 (con riguardo
alla  conversione  del  rapporto  di  lavoro  in  contratto  a  tempo
indeterminato e al pagamento dell'indennita' omnicomprensiva), sia la
garanzia del ripristino del rapporto di lavoro prevista dai commi 7 e
4 dell'art. 18 della legge  n.  300  del  1970  ed  infine  anche  la
garanzia prevista dall'art. 2112 c.c. concernente il trasferimento di
ramo di  azienda  per  quanto  riguardava  la  domanda  proposta  nei
confronti del Ministero. 
    Sotto  tale  profilo,   dunque,   l'ordinanza   veniva   ritenuta
censurabile in quanto non era ritenuto possibile sommare  le  diverse
tipologie di tutele; al contrario, il  giudice  della  fase  sommaria
avrebbe dovuto  individuare  la  fattispecie  giuridica  in  concreto
applicabile  alla  controversia  con  le  corrispondenti  conseguenze
giuridiche. 
    Al riguardo, nella  sentenza  oggi  reclamata,  si  rilevava  che
l'applicazione dell'art. 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 e
la conseguente costituzione di un rapporto di  lavoro  nei  confronti
del soggetto che  aveva  utilizzato  le  prestazioni  lavorative  dei
lavoratori (nel caso di specie l'ANAS S.p.A.) non rientrava nel campo
di applicazione dell'art. 1, commi 47 e ss. della  legge  n.  92  del
2012. 
    Con riguardo al campo di applicazione di tale rito  speciale,  il
Tribunale  osservava  poi  che  le  disposizioni  innanzi  citate  si
applicano alle controversie che hanno ad  oggetto  l'impugnativa  dei
licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'art. 18 della legge n.  300
del 1970. Quindi, il c.d. processo  breve  (o  rito  Fornero)  doveva
ritenersi applicabile tutte le volte in  cui  il  ricorso  avesse  ad
oggetto una domanda di applicazione dell'art. 18 della legge  n.  300
del 1970, sia che la tutela invocata  prescindesse  (art.  18,  commi
1-3, licenziamenti vietati o inefficaci per difetto di forma) sia che
venisse condizionata (art. 18, commi 4-8, licenziamenti senza  giusta
causa  o  giustificato   motivo)   dalle   dimensioni   dell'organico
aziendale. Nel caso di specie, secondo il  giudice  dell'opposizione,
il recesso (ante  tempus)  del  datore  di  lavoro  ANAS  S.p.A.  era
intervenuto nel  corso  di  un  diverso  rapporto  di  lavoro,  ossia
nell'ambito del contratto a tempo determinato stipulato tra i singoli
lavoratori e l'ANAS stessa e non gia' nell'ambito  del  contratto  di
somministrazione  (stipulato  tra  ANAS  e  Quanta).  La  domanda  di
accertamento della illegittimita' del contratto  di  somministrazione
non rientrava, quindi, nel campo di applicazione  dell'art.  1  della
legge n. 92 del  2012  in  quanto  l'oggetto  della  domanda  era  la
costituzione 'ex tunc' di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
tra lavoratore ed utilizzatore, ai sensi  dell'art.  27  del  decreto
legislativo n. 276 del 2003 (disposizione che, per  l'appunto,  detta
la  sanzione  conseguente  alle  somministrazioni  irregolari);   se,
pertanto, come nel caso di  specie,  veniva  invocata  l'applicazione
dell'art. 18 della legge n. 300 mediante  il  rito  speciale  di  cui
all'art. 1, commi 47 e ss. della legge n. 92  del  2012,  la  domanda
doveva - secondo l'orientamento innanzi espresso  -  essere  valutata
con il rito speciale (posto che era stata avanzata, fra l'altro,  una
richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18  legge  n.
300), ma la stessa domanda doveva respingersi nel merito, perche'  la
sanzione  che  il  legislatore  prevede  in  tutte  le   ipotesi   di
irregolarita' dei contratti di somministrazione, e'  la  costituzione
ex tunc  di  un  rapporto  di  lavoro  con  l'utilizzatore  ai  sensi
dell'art. 27 del decreto legislativo n.  276  del  2003  e  non  gia'
l'applicazione dell'art. 18 della legge n.  300.  Ne'  la  situazione
poteva cambiare, secondo il Tribunale, a fronte della previsione  del
comma 47, ove si precisa che il nuovo rito deve essere esperito anche
nei casi in cui, per decidere sulla domanda relativa  all'impugnativa
del licenziamento, «devono essere  risolte  questioni  relative  alla
qualificazione del rapporto di lavoro». La norma, secondo il  giudice
del provvedimento reclamato, andava intesa come riguardante i casi in
cui, a fronte di una qualificazione formale del rapporto come  lavoro
autonomo, il prestatore ne deduca la natura  subordinata  e  su  tale
presupposto   qualifichi   il   recesso   della   controparte    come
licenziamento soggetto all'applicazione dell'art. 18 della  legge  n.
300 del 1970. Quindi,  il  c.d.  'processo  breve'  doveva  ritenersi
applicabile,  ad  esempio,  in  tutti  i   casi   di   contratti   di
collaborazioni coordinate e continuative, di contratti a progetto, di
associazioni  in  partecipazione,  di  collaborazione  in  regime  di
partita IVA dei quali si volesse far riconoscere la natura di  lavoro
subordinato. 
    Al contrario, il caso del lavoratore  somministrato  che  denunci
l'irregolarita' della somministrazione  e  chieda,  ex  art.  27  del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la costituzione di  un
rapporto di  lavoro  con  l'impresa  utilizzatrice  e'  completamente
diverso dai casi innanzi citati. Questa fattispecie, infatti, secondo
il  giudice  della  opposizione  non  presentava   un   problema   di
qualificazione  del  rapporto  di  lavoro  (pacificamente  di  natura
subordinata). Inoltre, sempre secondo il Tribunale, il processo breve
richiede identita' del rapporto di lavoro  dedotto  in  giudizio  con
quello per cui si chiede la tutela reintegratoria ai sensi  dell'art.
18 statuto dei lavoratori, con conseguente  esclusione  di  tutte  le
domande, anche preliminari e incidentali,  relative  all'accertamento
della costituzione di diversi e ulteriori rapporti con soggetti terzi
rispetto al formale datore di lavoro. Doveva, quindi,  esaminarsi  la
domanda che i lavoratori avevano proposto con riguardo al contratto a
tempo determinato stipulato con l'ANAS S.p.A. 
    Con riguardo a  questi  contratti,  il  giudice  dell'opposizione
rilevava che la illegittimita' dell'apposizione  del  termine  ad  un
contratto a tempo determinato comportava l'applicazione dell'art.  32
della legge n. 183 del 2010 che prevede la conversione del  contratto
a tempo determinato in rapporto  di  lavoro  a  tempo  indeterminato,
nonche' il pagamento di una indennita' omnicomprensiva  compresa  tra
un minimo ed un massimo (rispettivamente  2,5  e  12)  di  mensilita'
dell'ultima retribuzione globale di fatto. 
    Il legislatore aveva, pertanto, dettato una disciplina  specifica
per le ipotesi di apposizione illegittima di un termine al  contratto
di lavoro, disciplina diversa da quella dettata  dall'art.  18  della
legge n. 300 del 1970. Ne' poteva mutare la prospettiva  in  caso  di
intimazione, nel corso del  contratto  a  tempo  determinato,  di  un
licenziamento ante  tempus.  Invero,  tale  evenienza  proseguiva  il
Tribunale era  regolata  dall'art.  2119  c.c.  e  la  giurisprudenza
ritiene,  in  caso   di   accertamento   della   illegittimita'   del
licenziamento  intimato  prima   della   fisiologica   scadenza   del
contratto,  che  spetti  al  lavoratore  il  pagamento  di  tutte  le
retribuzioni che sarebbero maturate sino alla  scadenza  del  termine
apposto al contratto (giammai l'art. 18 della legge n. 300 del 1970).
Invero, secondo le  Sezioni  Unite  della  Corte  di  Cassazione  "Il
contratto a termine ha una propria  tipica  regolamentazione  ed  una
specifica  tutela  contro  la  risoluzione  arbitraria  ante  tempus,
suscettibile in qualche misura di presentarsi  come  piu'  favorevole
rispetto  a  quella  prevista  nel   caso   di   rapporto   a   tempo
indeterminato,  vedendosi  comunque  il  lavoratore   assicurato   il
trattamento economico sino alla cessazione fisiologica  del  rapporto
alla scadenza del  termine."  (sentenza  n.  575/2003;  nello  stesso
senso,  Cass.  nn.  16849/2003,  2822/1997).  Come  innanzi  esposto,
dunque, il giudice della  opposizione  riteneva  che  la  domanda  di
applicazione dell'art.  18  della  legge  n.  300  del  1970  andasse
respinta, posto che - ove anche si  fosse  ritenuta  illegittimamente
apposta la clausola del termine nell'ambito del contratto  di  lavoro
non sorretto da giusta causa - in ipotesi di recesso intervenuto ante
tempus spettano al lavoratore soltanto le tutele dettate dall'art. 32
della legge n. 183 del 2010 e dall'art. 2119 c.c. e non  gia'  quelle
di cui al sopra richiamato art.18. 
    Infine, con riguardo al passaggio dei lavoratori alle  dipendenze
del Ministero opponente, l'accertamento di tale diritto presupponeva,
secondo  il  giudice  del  provvedimento  reclamato,   l'applicazione
dell'art. 2112 c.c. e giammai la tutela dell'art.  18  dello  statuto
dei lavoratori. 
    Infine, il Tribunale rammentava che pendeva - tra le stesse parti
- controversia avanti allo stesso  Tribunale  di  Roma  con  medesimo
oggetto (e domande) avanzate con il rito ex art. 1 legge  n.  92  del
2012. Alla luce delle considerazioni esposte,  quindi,  la  ordinanza
del Tribunale di Roma veniva revocata e veniva  respinta  la  domanda
dei lavoratori tesa all'applicazione dell'art. 18 della legge n.  300
del 1970. 
    Avverso la predetta decisione,  mediante  ricorso  depositato  il
giorno 29 ottobre 2014, proponevano reclamo gli originari  ricorrenti
lamentandone l'erroneita' ed ingiustizia e chiedendone la  riforma  a
questa  Corte,  mediante  l'integrale  accoglimento   delle   proprie
domande. 
    In particolare, la censuravano per avere escluso l'applicabilita'
al caso di specie della  normativa  di  cui  all'art.  1  L.  92/2012
insistendo  in  tutte  le  proprie  richieste  anche   di   carattere
istruttorio. 
    Entrambi i resistenti si costituivano in giudizio  resistendo  al
reclamo del quale deducevano l'infondatezza in fatto ed  in  diritto;
inoltre, il Ministero delle Infrastrutture e  Trasporti  chiedeva  la
sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art.295 del codice di
rito  in  attesa  della  decisione  in  ordine  alla   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata (nell'ambito di un procedimento
di contenuto analogo) con riferimento all'art. 36 del  d.l.  98/2011,
all'art. 11 del d.l. 216/2011 e  dell'art.11  del  d.l.  95/2012  dal
T.A.R. Lazio con ordinanza del 18 marzo 2014. 
    Le parti discutevano la causa alla udienza del 20 marzo 2015. 
    Tutto  cio'  premesso,  questa  Corte  osserva  che  deve  essere
sollevata, di ufficio, la questione  di  legittimita'  costituzionale
con riferimento all'art. 36 del d.l. 98/2011, all'art.  11  del  d.l.
216/2011 e dell'art. 11 del d.l. 95/2012 dovendosi ritenere la stessa
rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata  per
tutte le ragioni appresso indicate. 
Sulla rilevanza 
    Anzitutto,  va  evidenziato  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale sopra indicata  risulta  rilevante  per  la  decisione
della controversia in esame poiche' i contratti  di  somministrazione
ed a termine oggetto del presente giudizio - come appresso illustrato
- devono ritenersi illegittimi, con la instaurazione di  un  rapporto
di lavoro a tempo indeterminato tra i reclamanti e l'ANAS S.p.A.,  di
talche' dovrebbe poi dichiararsi il loro diritto  a  transitare  alle
dipendenze del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti proprio  in
forza  delle  disposizioni  sopra  indicate  della  cui  legittimita'
costituzionale si dubita. 
    In particolare, il contratto di somministrazione per il quale  si
controverte era stato stipulato dall'ANAS S.p.A. con la Quanta S.p.A.
per "ragioni di  carattere  organizzativo  relative  ad  esigenze  di
lavoro  aggiuntivo";  tale  causale  risulta  generica   e   pertanto
illegittima. 
    Come e' noto, ai sensi dell'art. 20 comma 4 del  D.lgs.  276/2003
la somministrazione di lavoro a tempo determinato e' ammessa a fronte
di  ragioni  di  carattere  tecnico,  produttivo,   organizzativo   o
sostitutivo,   anche   se    riferibili    all'ordinaria    attivita'
dell'utilizzatore. La individuazione, anche in misura  non  uniforme,
di limiti quantitativi  di  utilizzazione  della  somministrazione  a
tempo determinato e' affidata ai contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro stipulati da sindacati comparativamente  piu'  rappresentativi
in conformita' alla disciplina di cui  all'articolo  10  del  decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368. 
    L'art.  21  D.lgs.  276/2003  dispone   che   il   contratto   di
somministrazione  di  manodopera  e'  stipulato  in  forma   scritta;
individua  gli  elementi  che  devono  essere  oggetto  di  specifica
indicazione. Il difetto  della  forma  scritta,  cosi'  come  difetto
dell'indicazione, nel documento, dei primi cinque elementi di cui  al
primo  comma  dell'art.  21   -   cioe'   dei   dati   identificativi
dell'autorizzazione del somministratore, del numero dei lavoratori da
somministrare, del caso (ex art. 20, c. 3°) o della ragione (ex  art.
20, c. 4°) del ricorso alla somministrazione, di eventuali rischi per
la sicurezza del lavoratore o delle misure  per  contrastarli,  della
data di inizio o della durata del contratto - e' sanzionato  a  norma
del quarto comma (nel testo 'ratione temporis' vigente al tempo della
stipulazione dei contratti dedotti in giudizio) con la  nullita'  del
contratto medesimo e con la conseguente costituzione 'ope  legis'  di
un  rapporto  di  lavoro  subordinato  in  capo  all'utilizzatore  (i
lavoratori sono considerati  a  tutti  gli  effetti  alle  dipendenze
dell'utilizzatore). La menzione nell'art. 21, 1° c.,  lett.  c),  dei
"casi e le ragioni ... di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 20 che  devono
essere obbligatoriamente contenute nel contratto di  somministrazione
comporta la necessita' che sia specificata la ragione giustificativa,
nonostante la mancata menzione nel terzo comma dell'art.20. Deve,  in
conclusione ritenersi che cio' che il committente  deve  giustificare
non  e'  soltanto  il  carattere  temporaneo  dell'utilizzazione  del
lavoratore ma anche la scelta  di  ricorrere  alla  somministrazione.
Questa scelta, pur rimanendo,  in  conformita'  ai  principi  di  cui
all'art. 41 comma 1 Costituzione una scelta  imprenditoriale  libera,
e' soggetta, nondimeno al controllo giudiziale (terzo comma dell'art.
27) il quale, pero', non e' esteso fino al  punto  di  sindacare  nel
merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive  che
spettano all'utilizzatore, ma  e'  finalizzato  alla  verifica  della
effettiva esistenza delle ragioni di' carattere tecnico,  produttivo,
organizzativo  o  sostitutivo,  anche  se  riferibili   all'ordinaria
attivita' dell'utilizzatore. L'ambito della cognizione  riservata  al
giudice, nel  senso  della  preclusione  rispetto  a  valutazioni  di
opportunita' o correttezza delle scelte  dell'imprenditore  circa  il
ricorso alla somministrazione, ma  con  inclusione  dell'accertamento
della sussistenza, in fatto, delle ragioni che hanno  determinato  la
scelta stessa, e' conforme alla previsione dell'articolo 30, comma 1,
della legge 4 novembre 2010, n. 183, anche nel  testo  modificato  in
seguito all'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 43, della  legge
28 giugno 2012, n. 92, secondo il quale: "il controllo giudiziale  e'
limitato  esclusivamente,  in  conformita'   ai   principi   generali
dell'ordinamento, all'accertamento del presupposto di legittimita'  e
non puo' essere esteso  al  sindacato  di  merito  sulle  valutazioni
tecniche, organizzative e  produttive  che  competono  al  datore  di
lavoro o al committente. L'inosservanza delle disposizioni di cui  al
precedente periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle
valutazioni tecniche, organizzative e  produttive  che  competono  al
datore di lavoro, costituisce motivo di' impugnazione per  violazione
di norme di diritto.". 
    A giudizio del Collegio, conseguentemente,  proprio  in  funzione
dell'accertamento devoluto al giudice,  in  merito  alla  sussistenza
delle ragioni addotte a sostegno della scelta imprenditoriale di fare
ricorso  alla  somministrazione,  e'   necessario   che   nel   testo
contrattuale siano inseriti dati sufficienti a consentire, in caso di
controversia tra le parti, nel corso del giudizio di  controllare  la
reale sussistenza delle ragioni menzionate, ovvero  a  permettere  di
individuare le reali esigenze dell'azienda alle quali  si  e'  inteso
sopperire  con  la  stipulazione  della  somministrazione.   Con   la
conseguenza  che  e'   necessario,   per   assolvere   all'onere   di
specificazione, che dalle ipotesi generali indicate dal  legislatore,
in via astratta, nell'art. 20 comma 4 (ragioni di carattere  tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo), le parti contraenti passino
alla  determinazione  delle  esigenze   che,   nel   caso   concreto,
legittimano e motivano il ricorso ad una assunzione con il  contratto
di somministrazione a termine,  cosi'  da  rendere  controllabile  da
parte del giudice la  reale  sussistenza  delle  stesse  (ad  esempio
difficolta' di reperire direttamente  il  lavoratore  da  assumere  a
termine in tempi sufficientemente  brevi,  esorbitanza  dei  relativi
costi di transazione). 
    Si tratta di una specificazione necessaria, ai  sensi  di  legge,
nell'ambito del testo negoziale, e, dunque, di un elemento essenziale
e  di  un  requisito  necessario  della  fattispecie  delineata   dal
legislatore per la valida stipulazione del contratto. Sicche' non  e'
sufficiente l'elencazione di generiche esemplificazioni delle ragioni
tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che possono  valere
per  ogni  tipo  di  azienda  ma  e'  indispensabile,  per  assolvere
all'onere  di   specificazione,   l'indicazione   dei   processi   di
organizzazione in atto, delle esigenze della produzione della singola
azienda, delle  condizioni  che  rendono  necessario  il  ricorso  ad
assunzioni in sostituzione di personale assente; occorre, insomma, la
indicazione sufficientemente  dettagliata  della  causale  nelle  sue
componenti identificative essenziali, sia  quanto  al  contenuto  che
alla sua portata spazio-temporale e piu' in generale  circostanziale,
si da rendere possibile la conoscenza  dell'effettiva  portata  delle
stesse e quindi il controllo della loro effettivita'. 
    Nel caso di specie la causale del ricorso  alla  somministrazione
di lavoro a tempo determinato e' stata  indicata  nelle  "ragioni  di
carattere organizzativo relative ad esigenze di lavoro aggiuntivo". 
    Sia nel contratto di somministrazione che nei  singoli  contratti
di lavoro le ragioni del ricorso alla somministrazione non sono state
esplicitate in termini concreti e sufficientemente esaustivi  perche'
non  risulta  individuata  alcuna  reale  esigenza  su  cui   potesse
esercitarsi il controllo del lavoratore al momento della stipulazione
del suo contratto di lavoro e  possa  oggi  espletarsi  il  controllo
giudiziale;   le   esigenze   organizzative    del    ricorso    alla
somministrazione  a  tempo  determinato  cosi'   come   genericamente
indicate lasciano ampio spazio all'utilizzatore di  addurre  ex  post
qualsivoglia  ragione.  La  causale   indicata   nel   contratto   di
somministrazione tra societa' fornitrice e societa' utilizzatrice  e'
generica; essa non individua  specifiche  esigenze  organizzative  in
base alle quali per la gestione dei call center si rendeva necessario
il  ricorso  al  lavoro  somministrato;  non  specifica  non  periodo
temporale, ne' indica in che cosa consistessero le  predette  ragioni
di carattere organizzativo relative ad esigenze di lavoro aggiuntivo. 
    In conclusione, cosi' come risulta esplicitata,  la  ragione  del
ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo non  ritaglia  una
precisa vicenda organizzativo-produttiva destinata  svolgersi  in  un
tempo  limitato  piu'  o  meno  lungo,  ma  transitorio.  Le  carenze
individuate determinano un profilo di illegittimita',  che  vizia  il
contratto di  somministrazione  ed  i  singoli  contratti  di  lavoro
somministrato dal punto di vista formale  e  sostanziale  perche'  le
ragioni previste dalla legge per ricorrere alla somministrazione sono
qui carenti sotto il profilo formale, in  quanto  solo  genericamente
indicate nel testo scritto. Da cio' consegue, ai sensi  dell'art.  27
del D.lgs. 276/2003, la natura subordinata a tempo indeterminato  dei
rapporti di  lavoro  intercorsi  con  ANAS  S.p.A.  a  decorrere  dal
febbraio del 2009. 
    Analogamente, risultano illegittimi anche i contratti  a  termine
conclusi tra  i  reclamanti  e  l'ANAS  S.p.A.  sempre  per  svolgere
attivita' presso lo stesso Ispettorato, per la  assoluta  genericita'
della causale  ad  essa  apposta  ("in  considerazione  del  processo
organizzativo che  coinvolge  l'IVCA  dell'Anas  S.p.A.  al  fine  di
garantire la necessaria  sperimentazione  del  modello  organizzativo
appositamente progettato per lo stesso ...") ed in  quanto  l'oggetto
di tali contratti e' relativo alla ordinaria attivita' della predetta
societa'. 
    Deve poi ritenersi che il recesso  effettuato  'ante  tempus'  da
parte dell'ANAS S.p.A. - stante la illegittimita'  dei  contratti  di
somministrazione ed a termine e  la  conseguente  sussistenza  di  un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato - sia da considerare a tutti
gli effetti come un licenziamento  illegittimo  in  quanto  privo  di
giustificazione. 
    Come sopra illustrato la rilevanza della questione  nel  presente
giudizio e'  rappresentata  dal  fatto  che,  in  caso  di  soluzione
positiva  dinanzi  alla   Corte   Costituzionale   (con   conseguente
caducazione della normativa sopra  indicata),  si  determinerebbe  il
difetto di legittimazione passiva del Ministero rispetto alle domande
azionate  nel  presente  giudizio,  con   conseguente   estromissione
dell'amministrazione statale. 
    Inoltre, la  domanda  dei  reclamanti  e'  di  ripristino  di  un
rapporto di lavoro che, proprio in ragione  della  norma  denunciata,
deve essere attuato (in ipotesi di accoglimento delle  loro  domande)
nei confronti del Ministero, quale successore ex lege di ANAS S.p.A.,
originario datore di  lavoro  dei  ricorrenti.  E'  evidente  che  la
pronuncia della  Corte  Costituzionale  su  tale  normativa  (che  ha
stabilito la detta successione) si  inserisce  necessariamente  nella
definizione del giudizio. 
    Ne consegue che questa Corte, una volta evidenziata per tutte  le
ragioni sopra esaminate la rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio,  deve  pervenire  ad  una   delibazione   sulla   manifesta
fondatezza o meno della questione medesima. 
Sulla non manifesta infondatezza 
    Con riferimento a tale profilo il Collegio condivide quanto  gia'
affermato dal TAR del Lazio con l'ordinanza in data  18  marzo  2014,
iscritta al n.  138  del  registro  della  Corte  Costituzionale;  in
particolare, va ricordato che ai sensi dell'art. 7, comma 3, D.L.  n.
138/2002,  l'ANAS  S.p.A.  e'  il  gestore  della  rete  stradale  ed
autostradale italiana di interesse nazionale.  E'  una  societa'  per
azioni il cui socio unico  e'  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze ed e' sottoposta al controllo ed alla vigilanza del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti.  Fino  al  30  settembre  2012,
l'ANAS S.p.A. ha svolto, altresi', le funzioni  di  concedente  della
rete  autostradale  a  pedaggio  e  di   vigilanza   sulle   societa'
concessionarie. Quest'ultima attivita', in particolare, veniva svolta
dall'ANAS S.p.A. attraverso uno dei suoi uffici, ovvero l'Ispettorato
Vigilanza Concessioni Autostradali (IVCA); presso tale Ufficio  hanno
prestato il proprio servizio gli odierni reclamanti . 
    L'IVCA era l'Ufficio di ANAS S.p.A. istituzionalmente deputato  a
verificare   l'esatto   adempimento,   da   parte   delle    Societa'
concessionarie,  degli  obblighi  previsti   dalle   convenzioni   di
concessione   e   dagli   annessi   allegati,   compresi   i    piani
economico-finanziari; in particolare, era deputato  a  verificare  la
puntuale attuazione dei programmi d'investimento e di quelli relativi
agli interventi manutenzione e completamento della rete  autostradale
ed a verificare i livelli di qualita' delle autostrade e dei  servizi
in esse offerti. Inoltre, l'IVCA  provvedeva  alla  verifica  annuale
delle tariffe e alla definizione degli  standards  di  progettazione,
manutenzione e costruzione per il mantenimento di adeguati livelli di
sicurezza   sulle   autostrade,   nel   rispetto   delle   condizioni
contrattuali  e  della  normativa  vigente  e  secondo  le  linee  di
indirizzo  stabilite  dal  Ministero  delle  infrastrutture   e   dei
trasporti. L'Ufficio, pertanto, oltre a  svolgere  rilevanti  compiti
istituzionalmente   affidati   ad   ANAS   S.p.A.    (attivita'    di
aggiornamento/rinnovo  dei  rapporti  convenzionali  e/o  dei   piani
economico finanziari in essere), cooperava con  altre  Strutture  che
espletavano le funzioni proprie del soggetto Concedente.  I  predetti
Uffici svolgevano, quindi, mansioni  comuni  all'Ufficio  IVCA  ed  i
relativi dipendenti possedevano (e posseggono) le  stesse  competenze
professionali degli odierni reclamanti. 
    Con il D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, sono  state
tra l'altro dettate disposizioni in materia  di  riordino  dell'ANAS;
per quel che qui interessa, l'art. 36 D.L. n. 98/2011 prevede che  «a
decorrere dal 1° gennaio 2012 e' istituita, ai sensi dell'art. 8  del
decreto  legislativo  30  luglio   1999,   n.   300,   e   successive
modificazioni,  presso  il  Ministero  delle  infrastrutture  e   dei
trasporti e  con  sede  in  Roma,  l'Agenzia  per  le  infrastrutture
stradali e autostradali. [...] Entro la data del 30  settembre  2012,
l'Agenzia subentra ad Anas S.p.a. nelle funzioni di concedente per le
convenzioni in essere alla stessa data». 
    Il comma 5 del predetto art.  36  D.L.  n.  98/2011  prevede  che
«relativamente alle attivita'  e  ai  compiti  di  cui  al  comma  2,
l'Agenzia  esercita  ogni  competenza  gia'  attribuita  in   materia
all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali  e  ad
altri uffici di Anas S.p.A. ovvero ad uffici di amministrazioni dello
Stato, i quali sono conseguentemente soppressi  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2012. Il personale degli uffici  soppressi  con  rapporto  di
lavoro subordinato a tempo indeterminato, in servizio alla  data  del
31 maggio 2012, e' trasferito all'Agenzia, per formarne  il  relativo
ruolo organico. [...] Al  personale  trasferito  (pertanto  dall'Anas
all'Agenzia)  si  applica  la  disciplina  dei  contratti  collettivi
nazionali  relativi  al  comparto  Ministeri  e  dell'Area  I   della
dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento  economico
fondamentale  ed  accessorio,  limitatamente  alle   voci   fisse   e
continuative,  corrisposto  al  momento  del  trasferimento,  nonche'
l'inquadramento  previdenziale.  Nel  caso   in   cui   il   predetto
trattamento economico risulti piu' elevato rispetto a quello previsto
e' attribuito per la differenza un assegno ad personam  riassorbibile
con  i  successivi  miglioramenti  economici   a   qualsiasi   titolo
conseguiti. 
    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione si procede alla individuazione  delle
unita' di personale da trasferire all'Agenzia e alla riduzione  delle
dotazioni  organiche  e   delle   strutture   delle   amministrazioni
interessate al trasferimento delle funzioni in misura  corrispondente
al personale effettivamente trasferito.  Con  lo  stesso  decreto  e'
stabilita un'apposita tabella di corrispondenza tra le  qualifiche  e
le posizioni economiche del personale assegnato all'Agenzia».  L'art.
36, comma 5, insomma, ha concretamente e specificamente individuato i
dipendenti che avrebbero dovuto essere  trasferiti  alla  costituenda
Agenzia, identificandoli in tutti i titolari di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato,  in  servizio  alla  data  del  31
maggio 2012 presso  l'Ufficio  in  questione  ed  altri  uffici  Anas
titolari di compiti e competenze analoghi e/o  altre  PP.AA.  la  cui
attivita'  era  destinata  a  confluire  nell'Agenzia.  L'istituzione
dell'Agenzia ha incontrato diversi ostacoli nel corso  del  suo  iter
approvativo, cosi' che i termini  previsti  per  l'adozione  del  suo
Statuto sono stati piu' volte prorogati, dapprima fino  al  31  marzo
2012 (art. 11 D.L. n. 216/2011, convertito in  L.  n.  14/2012),  poi
fino al 31 luglio 2012 (L.  n.  14/2012)  e  da  ultimo  fino  al  30
settembre 2012  (art.  12  D.L.  n.  95/2012,  convertito  in  L.  n.
135/2012). Va poi notato che, ai sensi dell'art. 11 D.L. n. 216/2011,
come modificato dall'art. 12 D.L. n.  95/2012,  «fino  alla  data  di
adozione dello statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali  e
autostradali, e comunque non oltre il 30 settembre 2012, le  funzioni
e  i  compiti  ad  essa  trasferiti  ai  sensi   dell'art.   36   del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,  e  successive  modificazioni,
continuano   ad   essere   svolti   dai   competenti   uffici   delle
Amministrazioni dello Stato e  dall'Ispettorato  di  vigilanza  sulle
concessionarie autostradali e dagli altri uffici di  Anas  S.p.a.  In
caso di mancata adozione, entro il predetto termine, dello statuto  e
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'art.
36, comma 5, settimo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
l'Agenzia e' soppressa e le attivita' e  i  compiti  gia'  attribuiti
alla medesima sono trasferiti al Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti a decorrere dal 1° ottobre 2012, che rimane titolare  delle
risorse previste dall'art. 36, comma 5, del  decreto-legge  6  luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  15  luglio
2011, n. 111,  e  cui  sono  contestualmente  trasferite  le  risorse
finanziarie umane e strumentali relative all'Ispettorato di vigilanza
sulle concessionarie autostradali di cui al medesimo comma 5». 
    Non  essendo  stato  ancora  adottato  lo  Statuto   dell'Agenzia
nonostante i ripetuti rinvii, ed approssimandosi il termine  previsto
dalla legge per il trasferimento delle funzioni e dei dipendenti Anas
in servizio presso l'Ufficio IVCA al Ministero, l'Anas ha  inviato  a
questi ultimi la nota 27 settembre 2012 con la quale  comunicava  che
«con decorrenza 1° ottobre 2012, ai sensi dell'art. 11  comma  5  del
D.L.  n.  216/2011,  la  titolarita'  del  contratto  di  lavoro   e'
trasferita ex lege e  senza  soluzioni  di  continuita'  da  Anas  al
Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti.   Il   Ministero
provvedera' a comunicare  le  necessarie  istruzioni  operative  e  a
fornire  le   informazioni   relative   al   rapporto   di   lavoro».
Successivamente, con il decreto  ministeriale  1°  ottobre  2012,  il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha  istituito  al  suo
interno la Struttura di vigilanza sulle  concessionarie  autostradali
(d'ora innanzi anche solo Struttura), alla quale sono state  affidate
le funzioni che avrebbero dovuto essere svolte  dall'Agenzia  per  le
infrastrutture  stradali  ed  autostradali  (ovvero   sostanzialmente
quelle di concedente della rete autostradale  e  di  vigilanza  sulle
concessionarie). Presso tale Struttura e' stato trasferito unicamente
personale Anas a tempo indeterminato  in  servizio  presso  l'Ufficio
IVCA alla data del 31 maggio 2012. Ai sensi dell'art. 4, commi 2 e 3,
del predetto D.M., «fino al definitivo inquadramento con decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  il  personale  in  servizio
presso l'Ispettorato di vigilanza sulle  concessionarie  autostradali
alla data del 31 maggio 2012 con rapporto  di  lavoro  subordinato  a
tempo indeterminato prosegue la propria attivita' presso  le  attuali
sedi di servizio continuando a  svolgere  i  compiti  attribuiti.  Al
personale  trasferito  si  applica  la   disciplina   dei   contratti
collettivi nazionali relativi al  comparto  Ministeri  e  all'Area  I
della dirigenza. Il  personale  trasferito  mantiene  il  trattamento
economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e
continuative,  corrisposto  al  momento  del  trasferimento,  nonche'
l'inquadramento  previdenziale.  Nel  caso  in  cui  il   trattamento
economico  risulti  piu'  elevato  rispetto  a  quello  previsto,  e'
attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con
i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti». 
    Come rilevato, ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 98/2011 s.m.i., 11
D.L. n. 216/2011 e 12 D.L. n. 95/2012, il personale Anas in  servizio
presso IVCA alla data del 31 maggio 2012 con  rapporto  di  lavoro  a
tempo  indeterminato,  e'  transitato  alle  dipendenze   della   neo
istituita Struttura di vigilanza  sulle  concessionarie  autostradali
presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 
    Simili disposizioni, che hanno comportato il  trasferimento  tout
court nel ruolo ministeriale di parte  del  personale  dipendente  da
Anas S.p.A., senza il previo  superamento  di  un  pubblico  concorso
violano all'evidenza i principi  di  uguaglianza,  buon  andamento  e
imparzialita'  della  P.A.,  nonche'  il  principio  dell'accesso  ai
pubblici impieghi mediante pubblico  concorso.  Costituisce  pacifico
insegnamento della Corte costituzionale quello secondo cui  l'accesso
ai pubblici impieghi tramite concorso pubblico costituisce una regola
generale «posto a tutela non solo dei potenziali aspiranti, ma  anche
dell'interesse pubblico alla scelta dei candidati  migliori,  nonche'
all'imparzialita' e al buon andamento della pubblica amministrazione»
(cfr., ex plurimis, Corte  cost.,  21  marzo  2012,  n.  62;  id.  23
febbraio 2012, n. 30; id. 23 novembre 2011, n.  310;  id.  10  maggio
2005, n. 190). E' evidente,  pertanto,  la  violazione  dell'art.  97
Cost., oltre che degli artt. 3 e 51 Cost. 
    Questa Corte ritiene rilevante (come gia'  evidenziato  sopra)  e
non  manifestamente  infondata   la   questione   di   illegittimita'
costituzionale degli artt. 36 D.L. n. 98/2011, convertito  in  L.  n.
111/2011, s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012, e
12 D.L. n. 95/2012, convertito in  L.  n.  135/2012,  per  violazione
degli artt. 3, 97 e 51 Cost. nella parte in cui hanno disposto sic et
simpliciter il trasferimento del personale Anas  in  servizio  presso
l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012 dapprima all'Agenzia  per
le infrastrutture stradali ed autostradali e poi alla  struttura,  in
evidente  violazione  degli  artt.  3  e  97  della  Costituzione  in
considerazione che i dipendenti Anas  destinatari  del  trasferimento
sono stati inquadrati  senza  pubblico  concorso  addirittura  in  un
Ministero. Considerato che la Corte costituzionale si e' recentemente
espressa in fattispecie analoga (Corte cost., 23 luglio 2013, n. 227)
affermando che «E' costituzionalmente  illegittimo  l'art.  54  della
L.R. 9 agosto 2012,  n.  16,  Friuli-Venezia  Giulia  (Interventi  di
razionalizzazione  e  riordino  di  enti,  aziende  e  agenzie  della
Regione), in quanto lo strumento prescelto dal legislatore regionale,
ossia il  trasferimento  automatico  del  personale  della  disciolta
societa' Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia  (previa  una  prova
selettiva  solo  eventuale)  alle   dipendenze   dell'amministrazione
regionale, limita del tutto sproporzionato. E cio' in  quanto  l'area
delle eccezioni alla regola del concorso, a  tutto  voler  concedere,
dev'essere rigorosamente delimitata e  non  puo'  risolversi  in  una
indiscriminata e non previamente verificata immissione  in  ruolo  di
personale esterno  attinto  da  bacini  predeterminati.  Sicche',  le
scarne  ed  incerte  garanzie  approntate   dalla   norma   impugnata
(ricognizione    dei    requisiti    per    accedere     ai     ruoli
dell'amministrazione  regionale  ed  ipotetica  prova  selettiva)  si
palesano inidonee ad assicurare una seria  verifica  delle  capacita'
professionali dei lavoratori  reclutati  dalla  Regione  all'esterno,
seppure provenienti da una societa' privata strumentale facente parte
del suo apparato cosiddetto "parallelo". Pertanto, in mancanza di  un
concorso pubblico, l'accesso del personale proveniente dalla Gestione
Immobili Friuli-Venezia Giulia S.p.a.  all'impiego  di  ruolo  presso
l'amministrazione regionale, sena alcuna certezza di un serio  filtro
selettivo, si pone in contrasto con gli artt. 3  e  97  Cost.,  donde
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54 della  L.R.  n.  16  del
2012, Friuli-Venezia Giulia». 
    Analogamente con la sentenza n. 62 /2012 la Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione  Puglia  20
giugno 2011, n. 11, che aveva  previsto  un  generale  ed  automatico
transito del personale di una persona giuridica di  diritto  privato,
la s.p.a. Acquedotto pugliese, nell'organico di un soggetto  pubblico
regionale, l'Azienda pubblica  regionale  denominata  AQP,  senza  il
previo espletamento  di  alcuna  procedura  selettiva.  La  Corte  ha
rilevato che "le modalita' di tale transito costituiscono,  pertanto,
una palese deroga  al  principio  del  concorso  pubblico,  al  quale
debbono conformarsi - come piu' volte affermato da questa Corte -  le
procedure di assunzione del personale delle pubbliche amministrazioni
(ex plurimis, sentenza n. 190 del 2005). Il mancato  ricorso  a  tale
forma generale  e  ordinaria  di  reclutamento  del  personale  della
pubblica amministrazione non trova, nella specie, alcuna peculiare  e
straordinaria ragione giustificatrice  (che  non  risulta  dal  testo
della legge regionale, non e' indicata dalla  Regione  resistente  e,
allo stato degli atti, neppure appare ricavabile aliunde),  tanto  da
risolversi in un privilegio  indebito  per  i  soggetti  che  possono
beneficiare della norma impugnata (sulla necessita' che le  eccezioni
alla regola di  cui  all'art.  97  Cost.  rispondano  a  peculiari  e
straordinarie esigenze di servizio, ex plurimis, sentenze n. 363,  n.
205 e n. 81 del 2006). Risulta, dunque, violato l'art. 97 Cost.". 
    Ne'  convince  la  tesi  dei  reclamanti,   secondo   cui   altre
disposizioni di legge - anche successive a quella in  esame  -  hanno
disposto  trasferimenti  di   personale   senza   concorso   pur   di
salvaguardare  il  posto  di  lavoro  e,  quindi,  in  attuazione  di
superiori esigenze di interesse pubblico. 
    Orbene, in primo luogo, il fatto che il legislatore abbia operato
immissioni in organico senza pubblico concorso anche in casi  diversi
da quello in esame non esime il Collegio dal verificare se sussistano
le ragioni comunque eccezionali richieste  dall'art.  97  Cost.;  con
riferimento a tale profilo  e'  utile  richiamare  istituti  come  lo
scorrimento di graduatorie o la riammissione in  servizio  (art.  132
T.U. 3/57) per comprendere come, pur essendo  strumenti  diversi  dal
superamento di un concorso che precede  l'assunzione,  in  ogni  caso
presuppongono verifiche che la P.A. ha gia' eseguito in virtu' di  un
precedente concorso. 
    Ancora, in tema di c.d. "stabilizzazioni" del personale  precario
della Pubblica Amministrazione (v. art. 1, comma 519, della legge  27
dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello  Stato  -  legge  finanziaria  2007),  il
Giudice delle Leggi ha avuto occasione (v. Corte Cost. n. 303/10)  di
evidenziare  come  trattasi  di  strumenti  eccezionali  che,  pero',
presuppongono (ai fini della stabilizzazione, appunto) un  «requisito
minimo ai fini  dell'accertamento  della  professionalita'»  come  il
superamento di una  qualsiasi  prova  selettiva,  o  il  possesso  di
requisiti minimi attitudinali come,  ad  esempio,  il  servizio  gia'
prestato presso la P.A.  si'  da  rendere  il  dipendente  munito  di
comprovata e aggiornata professionalita' (v. anche  ordinanza  n.  70
del 2009). 
    Ben diverso, allora, il caso in esame, nel quale i dipendenti  di
ANAS S.p.A. appartenenti a quel peculiare  ufficio  -  trasferito  ex
lege al Ministero resistente - sono stati  a  loro  volta  trasferiti
presso quest'ultimo senza alcuna verifica neppure  minimale  circa  i
requisiti attitudinali e, quindi, senza alcuna selezione. 
    La Corte ha chiarito in precedenti decisioni "quale sia la natura
delle «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico»  che
consentono al legislatore di derogare al principio costituzionale del
concorso pubblico. Esse devono essere ricollegabili alle peculiarita'
delle «funzioni» che il personale da reclutare e' chiamato a svolgere
(sentenza n. 293 del 2009); devono riferirsi a specifiche  necessita'
«funzionali» dell'amministrazione (sentenze n. 215 del 2009 e n.  363
del 2006); devono  essere  desumibili  dalle  «funzioni»  svolte  dal
personale reclutato (sentenza n. 81 del  2006).  Alla  luce  di  tali
affermazioni, e' da escludere che ragioni giustificative della deroga
al concorso pubblico possano essere  ricollegate  ad  un  particolare
interesse  degli  stessi  dipendenti  beneficiari  della  deroga   o,
comunque, ad esigenze strumentali dell'amministrazione, connesse alla
gestione  del  personale.  Occorre,  invece,  che  eventuali  deroghe
trovino un fondamento giustificativo  nella  peculiare  natura  delle
funzioni dell'amministrazione, cioe' dei compiti ad  essa  attribuiti
per soddisfare  gli  interessi  della  collettivita'  e  per  la  cui
realizzazione i dipendenti pubblici sono reclutati." (Corte Cost.  n.
195/2010). 
    Ne consegue che, in considerazione  di  tutte  le  argomentazioni
finora esposte, il presente  procedimento  deve  essere  sospeso  con
contestuale rimessione della presente questione di  costituzionalita'
alla Corte Costituzionale.